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www.davideberto.it2024-03-29
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    In genere parlo poco del mio lavoro con gli amici, se non sono loro a chiedermi delle cose in merito.
    Credo infatti che i suggerimenti sulla finanza personale non debbano essere affrontati in discorsi superficiali, durante un giorno di festa o davanti a un bicchiere di vino.
    Meritano altre situazioni e ben altre attenzioni.
    Tuttavia, a volte capita.
    Così, recentemente, un amico mi ha svelato di aver investito, nel corso degli ultimi anni e in modalità frazionata, circa 10.000 € di risparmi in Bitcoin e altre criptovalute.
    Che poi, chissà perché svelano questi segreti quando guadagnano e mai quando perdono ...
    Ma andiamo avanti.
    I suoi 10.000 € sarebbero oggi diventati qualcosa come 120.000.
    Quei 120k rappresentano i 3/4 del suo patrimonio finanziario.

    Il punto che ti voglio evidenziare, non riguarda il fatto che questo amico abbia ingenti somme esposte alla forte volatilità quotidiana delle criptovalute, e non è nemmeno che cosa faranno le cripto stesse nel prossimo futuro.
    Se il Bitcoin tornerà un giorno a superare i 60.000 $, o se Ethereum andrà nuovamente oltre i 3.000 oppure a zero.
    Non è su questo che mi voglio concentrare.
    Il punto è che avere il 75% dei propri risparmi su un unico asset non adeguatamente diversificato, e caratterizzato peraltro da esagerata volatilità, è sbagliato a prescindere.

    E' sbagliato a prescindere superare in curva, anche se poi non arriva nessuno e si raggiunge prima la destinazione.
    E' sbagliato a prescindere svuotare al casinò il proprio portafoglio, anche se poi fai il jackpot e vinci un mucchio di soldi.
    E' sbagliato a prescindere ogni integralismo, quando ci sono oggettive e possibili (talvolta probabili) conseguenze in grado di rovinare definitivamente la tua vita.

    E vuoi sapere la cosa più incredibile?
    Questo amico starebbe pensando di dismettere il suo 25% di patrimonio che "rende poco", per fare all-in su ciò che finora ha decuplicato il suo risparmio.
    Io invece, mentre me lo diceva, ho pensato a tutte le volte che mi sento dire quanto la diversificazione sia superata, ridondante, obsoleta.
    Qui la questione non è più quella di capire i concetti finanziari di base.
    E' solo questione di buon senso.
    Un principio, a volte, abbondantemente smarrito in mezzo a pericolosi estremismi.

    La convinzione da parte di molti di conoscere i segreti per raggiungere la Bengodi finanziaria va combattuta alacremente.
    Bengodi che, per altro, esiste.
    Ma ci si arriva con pazienza e fatica.
    Senza scorciatoie clandestine.

    Buona lettura!
  • 1 - PER GUADAGNARE DI PIU' BISOGNA RISCHIARE DI PIU'?

    Siamo tutti d'accordo che nella vita serva un pizzico di coraggio per ottenere dei risultati migliori.
    Ma questo vale anche negli investimenti? 
      
    La teoria dice che è corretto assumere più rischio, nella prospettiva di poter ottenere dei guadagni maggiori. 
    Dobbiamo però capire cosa la teoria intenda, quando parla di rischio e rendimento ...
    Il concetto di rischio, finanziariamente inteso, non è in linea con la testa dell'investitore comune, al quale ben poco importa della volatilità o del rischio sistemico (rischio di mercato).
    L'idea di rischio è infatti comunemente legata alla possibilità di perdita.
    Se oggi ho 100 e domani mi trovo con 95, allora sì che è un rischio! 
    La pensi anche tu così?

    In realtà bisognerebbe affrontare il mondo degli investimenti con più razionalità
    Naturalmente a nessuno piace perdere soldi ... però il nostro atteggiamento cambia in base al contesto. 
    Giocare al lotto o al gratta e vinci, espone a un elevato rischio di perdita totale. 
    Eppure, in Italia, questo rischio non viene affatto percepito, stante i numeri complessivi che girano attorno al settore del gioco.
    Allo stesso modo, difficilmente riusciamo a staccarci da posizioni e investimenti finanziari in perdita, nella speranza che quell'investimento prima o poi risalirà, anche se magari non ci sono i fondamentali per un recupero. 
    O ancora, ignoriamo rischi puri (come il rischio morte, invalidità, non-autosufficienza) che potrebbero invece rappresentare un dramma per il nostro tenore di vita o quello dei nostri cari. 

    Stante questo distorto concetto di rischio, cosa può farci allora perdere denaro? 
    L'errata stima dell'orizzonte temporale di investimento è la più grande causa di perdita di denaro e di valore. 
    Se tengo i soldi liquidi in conto per 10 anni, ci perdo in termini di potere d'acquisto a causa della inflazione.
    Se investo in un titolo di Stato a 10 anni e dopo 5 anni devo venderlo, potrei realizzare una perdita. 
    Se investo in immobili ma non considero con attenzione i costi fissi, le tasse, le manutenzioni straordinarie, il rendimento potrebbe essere nettamente inferiore a quanto mi sarei aspettato. 

    Com'è possibile, allora, affrontare il concetto di rischio e di perdita, quando ci approcciamo agli investimenti? 
    Nessun consulente serio ti consiglierebbe di acquistare singole azioni: se l'azienda sottostante produce utili e cresce, bene, ma se accumula perdite, o peggio, va in bancarotta?
    Correresti il rischio di vedere azzerato il tuo capitale.
    Ecco allora che la corretta strategia è quella di investire in portafogli ben diversificati per asset, per aree geografiche, per settori ... possibilmente collegati a indici internazionali che nel lungo termine tendono a crescere e che, in ogni caso, di certo non falliscono.
    Quindi si rosica, senza risicare. 

    C'è poi da dire che il rischio, per usare una metafora, è come il colesterolo: c'è quello buono e quello cattivo. 
    Il rischio cattivo è quello eliminabile proprio grazie a una buona diversificazione.
    Ma attenzione: questo non necessariamente produce dei rendimenti maggiori.
    Semplicemente, per modo di dire, dà stabilità agli investimenti e riduce le possibilità di perdita.
    Il rischio buono, invece, è quello che non si può eliminare ma che, se assunto, dovrebbe garantire nel tempo dei rendimenti attesi maggiori.

    Come puoi capire, non è facile districarsi in questo mondo ...
    Ma il mio lavoro è proprio quello di guidare i clienti alla corretta gestione delle loro risorse e al raggiungimento dei loro personali obiettivi, muovendosi ed operando al meglio.
    Se ancora appartieni alla categoria dei miei clienti potenziali, volentieri sono a tua disposizione per parlarne assieme.
  • 2 - LA POSSIBILE DISTORSIONE DEGLI INDICI AZIONARI

    S&P 500, Nasdaq, Nikkei 225, CSI 300, CAC 40, FTSE MIB, MSCI All Country World ...
    Questi sono alcuni degli indici azionari più noti oggi al mondo, benchmark di riferimento per molte soluzioni di investimento.

    L'indice azionario altro non è che un semplice paniere di titoli (più o meno) rappresentativo dell'economia di un paese, o di uno specifico settore.
    L'andamento di un indice dovrebbe dare un'idea del trend di quello specifico mercato, e ogni indice è composto da un determinato numero di titoli.
    Ad esempio, l'americano S&P 500, l'indice azionario probabilmente più importante oggi al mondo, come suggerisce anche il suo nome è composto da 500 titoli, selezionati da uno specifico comitato, che rappresentano circa l'80% della capitalizzazione di mercato.
    Il CAC 40 è composto dai 40 titoli azionari più importanti e rappresentativi della Borsa di Parigi, e così via ...

    La logica direbbe che più sono le società racchiuse in un indice finanziario, più quell'indice rappresenta la realtà di quel preciso mercato.
    Non è però questo un fattore così determinante in grado di fotografare lo stato di salute di un paese o di un settore.
    Nel settore tecnologico, ad esempio, alcuni titoli azionari rappresentativi di grosse aziende hanno raggiunto prezzi così alti che, quasi da soli, spingono l'indice di riferimento a dei valori molto (anche troppo) elevati, secondo molti esporti dell'ambito finanziario.
    Pensa infatti che l'1% delle aziende quotate nell'S&P 500, le famose GAFAM (Google o Alphabet, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft), pesano oggi per oltre il 20% all'interno dell'indice stesso, e continuano imperterrite a macinare utili.
    Sebbene godano di ottima salute, e abbiano anche beneficiato della crisi causata dal Covid-19, la forte crescita fatta registrare dall'indice è stata in gran parte dovuta a questi titoli, che hanno trainato tutti gli altri.
    Pensa che Apple, nei primi 3 mesi del 2021, ha aumentato il suo giro d'affari del 54% rispetto a un anno fa, più che raddoppiando gli utili netti.

    L'esempio, allora, di questi "pesi massimi" della finanza, dimostra come sia facile offrire una visione distorta di un'economia guardando solamente agli indici azionari.
    Perché, come abbiamo visto bene in questi ultimi mesi, non tutti i titoli hanno risposto così bene alla crisi sanitaria, ma rischiano di rimanere "annegati" all'interno dell'indice, trainato dai titoli maggiormente pesati.

    Con tutto questo non ti voglio dire che gli indici azionari siano poco utili e la loro composizione sia errata, anzi, ma per tenere traccia dell'andamento dei mercati finanziari è importante valutare anche altri riferimenti, ad esempio gli indici di settore, in grado di fornire indicazioni più accurate.
    All'interno di questo ragionamento si pone anche la differenza tra una gestione attiva o passiva degli investimenti.
    Tutti coloro che utilizzano la gestione passiva, tramite l'impiego di ETF ed ETC, acquistano la replica (quasi) perfetta di un indice.
    Un'opzione in grado di offrire loro una certa comodità, perché in questo caso è molto semplice tenere traccia dei propri investimenti: è sufficiente monitorare il benchmark di riferimento.
    Attraverso la gestione passiva verranno infatti acquistati tutti i titoli contenuti nell'indice, senza effettuare alcuna distinzione tra le aziende con prezzi sopravvalutati nel mercato e il resto delle società quotate, anche se le prime occupano un posto di rilievo.
    Nel caso quindi di un forte calo di queste azioni, l'indice rischierà il crollo, e, con esso, gli investimenti degli investitori.
    Optando invece per una gestione attiva (fondi, gestioni patrimoniali, polizze unit linked ...), gli investitori possono affidarsi a dei gestori esperti che selezioneranno le aziende più promettenti (si spera) ai congrui prezzi di mercato.

    Attenzione allora: l'andamento di un indice non dice tutto del suo specifico mercato.
    Occorre, anche in questo caso, distinguere, approfondire ed esaminare al meglio il tutto.
  • 3 - LO STIMOLO FISCALE CON LA GIUSTA ATTENZIONE

    Il nostro è un paese che in pochi anni è riuscito a portare il bollo sui depositi titoli da 34 € fissi l'anno al 2 x 1.000 aggiuntivo.
    A mettere l'Iva sulle gestioni patrimoniali.
    Ad aumentare l'aliquota prevalente di tassazione dei guadagni finanziari dal 12,5% al 26%.
    A introdurre la folle Tobin tax.
    A legittimare la definizione di "reddito di capitale" sul guadagno dei fondi comuni pur di non consentire compensazioni con eventuali perdite.
    E questo solo nell'ambito finanziario, all'interno del quale opero...
    Mi fermo qua, per decenza.

    L'italiano medio è profumatamente tassato quando produce ricchezza.
    Se una parte di questa, invece di spenderla, la investe e guadagna, è tassato nuovamente.
    Non c'è speranza.

    C'è anche qualche piccola nota positiva però.
    Nell'ambito degli investimenti, lo Stato offre, infatti, alcuni considerevoli vantaggi fiscali.
    Ho sempre detto, e lo ribadisco anche qui, che una qualsiasi soluzione finanziaria non andrebbe mai fatta per mere motivazioni di alleggerimento tributario.
    E' utile sottoscriverla? La fai.
    Non ti serve sottoscriverla? Non sarà il recupero fiscale a rendertela interessante.
    Detto questo, è piuttosto evidente che in Italia certi vantaggi fiscali (penso, ad esempio, alla deducibilità fiscale dei versamenti volontari nei Fondi Pensione) si rivelino spesso determinanti.
    Si stanno diffondendo, pian piano, anche gli investimenti PIR, che permettono di non pagare le tasse sul guadagno accumulato nel tempo e non solo. 

    I vantaggi fiscali che lo Stato concede agli investitori hanno sempre un secondo fine.
    Ma non pensar male in questo caso!
    Sono un modo per indicare la "retta via", o per raggiungere degli obiettivi economici nazionali.
    La deducibilità fiscale sui Fondi Pensione, serve a spingere verso la creazione di una futura entrata che accompagni la vecchiaia.
    Visto che lo Stato sa benissimo già da anni di non poter garantire un'adeguata pensione pubblica a tutti i cittadini, che pur stanno versando puntualmente oggi i loro contributi. 
    Gli sgravi fiscali inerenti i fondi PIR, invece, servono a favorire la confluenza dell'enorme mole di risparmio privato, attualmente in largo parte immobilizzato sui conti correnti, verso le piccole e medie aziende italiane, rendendo così fruttuosa questa ricchezza delle famiglie, che non riesce altrimenti a giungere alle attività produttive, cardine della nostra economia.

    Per costruire come si deve un portafoglio di investimento, che tenga conto anche dei possibili vantaggi fiscali, è fondamentale un buon dialogo fra cliente e Consulente. 
    Il costante aggiornamento sui temi fiscali, da coniugare poi con le esigenze specifiche di ogni cliente, è parte integrante del mio lavoro.
  • 4 - PREVIDENZA INTEGRATIVA: RAGIONIAMOCI UN PO' SU

    Ogni anno, prima dell'estate, vengono pubblicate le relazioni di varie commissioni ed enti operanti nel settore finanziario.
    C'è allora la relazione di Banca d'Italia per il settore bancario, quella dell'Ania per quello assicurativo, quella di Assogestioni per il risparmio gestito, e quella di Covip per il settore previdenziale.
    In merito a quest'ultima relazione, nei giorni scorsi ho letto degli articoli interessanti che ho voluto riassumere e portare così alla tua attenzione.
    Seguimi.

    > Nel nostro paese, su 25 milioni di lavoratori, appena il 33% ha aderito a un Fondo Pensione o a un Piano Individuale Pensionistico di tipo assicurativo, e non tutti vi versano con costanza.
    E' un pò come se ti sedessi ad un tavolo con altre 3 persone, e 2 di queste non hanno fatto nulla per garantirsi un futuro sereno e non hanno sfruttato così i benefici fiscali previsti, lasciando all'azienda (o all'INPS) la gestione del loro TFR, con tutte le conseguenze che ne derivano (maggiore tassazione, minore sicurezza, minori rendimenti...).

    > In Italia il versamento medio 2020 in forme di previdenza integrativa è stato di 2.840 € (importo comprensivo della quota TFR).
    Gli autonomi, i più penalizzati con i giovani a livello previdenziale, hanno versato mediamente 2.550 €.

    > La relazione Covip dice che nella nostra regione solo 11 persone su 100 hanno aderito alla previdenza integrativa.
    In Trentino Alto Adige solamente 3,5 su 100, e in Friuli Venezia Giulia solo 2,6 su 100.
    Numeri decisamente preoccupanti.
    Se la si vede in base, invece, alle fasce d'età, si scopre che ci sono molti più aderenti negli over 55 (il 31% ma ancora troppo poco), che negli under 35 (solamente il 17%).
    Come se il problema riguardasse solamente coloro che andranno in pensione tra pochi anni...

    > Per ogni € in previdenza integrativa, vanno 90 centesimi al Fondo di Tesoreria INPS.
    Solamente dal 2018 le varie forme di previdenza integrativa raccolgono più del Fondo di Tesoreria.
    Questo è dovuto alla "semplice ignoranza" in materia dei dipendenti, e (ahimè) alla poca e cattiva informazione fatta dagli operatori del mio settore di appartenenza.
    Ti ricordo che lo scorso anno l'INPS, causa pandemia, ha utilizzato più del 70% dell'importo accantonato dai lavoratori nel Fondo di Tesoreria per fornire sussidi o aiuti alle persone in difficoltà.
    Un nobile gesto, ma con risparmi e soldi non suoi...

    > Si evince che il TFR ancora lasciato dai lavoratori in azienda, ammonti a oltre 14 miliardi di €.
    Trattandosi del 6,91% del reddito lordo, lo stesso corrisponde a circa 212 miliardi di €.
    Le aziende che trattengono allora il TFR dei loro dipendenti:
    1) Potevano risparmiare 424.630.000 €, pari allo 0,20% del contributo di solidarietà, ma non l'hanno fatto;
    2) Potevano risparmiare 594.482.000 €, pari allo 0,28% di contributo INPS, ma non l'hanno fatto;
    3) Potevano risparmiare 220.065.000 €, pari all'1,5% di rivalutazione del TFR nel 2020 su quanto iscritto a bilancio, ma non l'hanno fatto;
    4) Potevano risparmiare 211.262.000 €, pari all'1,44% di sconto IRES-IRAP nel calcolo della tassazione in capo all'azienda, ma non l'hanno fatto.
    La somma di tutto questo, fornisce un totale di quasi 1 miliardo e mezzo di €!!!
    Soldi che potevano essere risparmiati dalle imprese, e invece...

    Perdona tutti questi numeri, ma ci tengo a farti capire, soprattutto nel caso tu sia un imprenditore, che nel corso del 2020 le aziende, sul TFR dei dipendenti che hanno trattenuto in casa, tra mancati benefici e maggiori costi hanno sborsato il 9,88% in più.
    E quest'anno, a star fermi, andrà ancora peggio, perché, per effetto dell'inflazione, già il dato ufficiale di rivalutazione del TFR a Maggio è dell'1,57%.

    Non è forse allora il caso di muoversi a far qualcosa di diverso rispetto a quanto fatto fino ad oggi?
    Parliamone assieme se ti va!
  • 5 - GLI IRRAGGIUNGIBILI PLUS DELLA CINA

    "Siamo molto felici di lavorare in Cina" dicono in Siemens.
    "Fenomenale" pensano in Apple.
    "Notevole" dicono in Starbucks.
    La politica anti-Cina per i diritti umani, sulle aziende occidentali che operano nell'ex Celeste impero, ha un effetto nullo.

    Nel 2020 la Cina ha attirato 163 miliardi di $ di nuovi investimenti da parte di multinazionali.
    Nessun paese è stato così attraente.
    Gli investitori finanziari stranieri hanno impiegato in Cina oltre 900 miliardi di $, determinando uno stravolgimento del sistema finanziario internazionale.
    Non solo: nella ex colonia inglese di Hong Kong sono transitati pagamenti per oltre 11 trilioni di $.

    La Cina rappresenta il 17% del Prodotto Interno Lordo mondiale.

    Ma cos'è che fa così forte e imprescindibile la Cina?
    In primo luogo la tecnologia, che progredisce a ritmi insostenibili per gli altri paesi grazie anche a una demografia che oggi, con oltre 1 miliardo di schede telefoniche organizzate, ha la più forte evoluzione della scienza dei big data.
    Pur nel suo rozzo approccio, l'ex presidente Donald Trump aveva compreso che questo è il vantaggio competitivo della Cina nel mondo, e per questo aveva iniziato il boicottaggio di Huawei, considerata strumento di spionaggio, invitando tutto il mondo occidentale a seguirlo.
    Ma Huawei è più avanzata e può offrire infrastrutture di rete e device per il 5G (e già anche per il 6G) a prezzi nettamente più economici di altri operatori del settore, ed è più che naturale che le aziende che ragionano con l'obiettivo del profitto vogliano usare la tecnologia più avanzata al minor costo possibile.
    Per questo la battaglia di Trump è parsa ai più come una guerra contro i mulini a vento.
    12 paesi, seguendo Trump, hanno rifiutato la tecnologia Huawei.
    Ma quelli che nel frattempo la usano sono passati da 7 a 15.

    Il secondo plus irraggiungibile della Cina è l'essere il più grande mercato del mondo.
    Chi produce e vende non può dimenticarsi di questo.
    E il presidente Biden, infatti, non ha esitato, fin dal suo insediamento, a sparare a zero su Vladimir Putin, con un approccio meno plateale verso la Cina stessa, nonostante le recenti condanne su quanto successo a Hong Kong e non solo.
    Considerando il fatto che la Cina è la fabbrica del mondo (da lì esce quasi il 30% delle manifatture globali), un disimpegno nei suoi confronti colpirebbe duramente diversi settori: le auto in Germania, le banche in Gran Bretagna, la tecnologia in USA e in Europa, il fashion e il lusso in Italia e Francia, le miniere in Australia ...
    Se gli Stati Uniti sono oggi un partner commerciale per meno di 40 paesi, la Cina ha scambi con quasi 70 paesi al mondo!

    Ancora, la Cina è più avanti di Stati Uniti ed Europa sulla preparazione della sua moneta digitale, mentre in America si esita perché potrebbe intaccare il primato della valuta più importante e utilizzata oggi sul pianeta.
    Non possiamo poi dimenticare che, se gli Stati Uniti hanno 300 milioni di abitanti, la Repubblica Popolare Cinese può vantare su 1,4 miliardi di cittadini.
    In Europa, la Germania ha 83 milioni di abitanti.
    Oggi in Cina ci sono quasi 1 milione di aziende a capitale straniero, e fuori dal paese ci sono quasi 50 mila aziende cinesi.
    La Cina lascia che centinaia di migliaia di suoi studenti entrino nelle università occidentali, per rientrare poi in patria e portare inevitabilmente un'anima più democratica.
    In tutto questo contesto, l'unico approccio sensato è quello di collaborare con la Cina.
    E Biden ha già avviato il cammino.

    Avrai allora ben compreso che l'economia cinese uscirà da questa crisi più solida e con meno squilibri rispetto agli altri paesi a livello globale.
    Oggi la Cina è pesata nei portafogli di investimento degli italiani solamente per il 2%.
    Sarebbe allora opportuno alzare il livello dell'azionario cinese.
    Che dici, ne parliamo assieme?
  • 6 - LA TOP 10 DELLA SOSTENIBILITA' MONDIALE

    La pandemia di Covid-19 non ha messo fuori combattimento solo l'economia mondiale, ma anche lo sviluppo sostenibile.
    La ricerca che monitora i progressi dei Paesi sui 17 obiettivi globali delle Nazioni Unite per il 2030, registra, purtroppo, non solo una battuta d'arresto, ma anche una marcia indietro sugli obiettivi stessi di sviluppo sostenibile.
    Stiamo parlando, tra le altre cose, di un'istruzione di qualità, di un'adeguata copertura sanitaria e di un accesso alle tecnologie digitali per tutti, di energia pulita, di agricoltura e di infrastrutture urbane sostenibili...

    La classifica dei paesi oggi più sostenibili al mondo (Sdg Index 2021) è guidata da Finlandia, Svezia e Danimarca, e la top ten è tutta europea con la Germania al quarto posto, seguita da Belgio, Austria, Norvegia, Francia, Slovenia ed Estonia.
    Prova concreta che il Vecchio Continente, almeno sotto questo aspetto, ha saputo tener testa meglio ai contraccolpi pandemici.
    E' interessante notare come la Finlandia abbia anche conquistato il primo posto come paese più felice del mondo...
    L'Italia è solamente al 26esimo posto della Sdg Index su 165 paesi in lista, dopo l'Ungheria e prima del Portogallo.
    Registriamo gli arretramenti peggiori sulla capacità di protezione degli ecosistemi, sia terrestri che marini.
    L'estinzione delle specie e l'inquinamento delle acque sono in aumento, mentre la pesca attinge a una popolazione ittica già sovra-sfruttata.
    Siamo inoltre fermi (e non è purtroppo una novità) sull'istruzione di qualità e sulla riduzione delle disuguaglianze, mentre guadagniamo punti sulla gestione idrica e sulle fonti energetiche verdi. 

    Il 2020 è stato il primo anno in cui, globalmente, si è registrata una marcia indietro sugli obiettivi di sviluppo sostenibile: il calo di performance è stato causato principalmente dall'aumento della povertà e della disoccupazione, scatenato dall'imperversare del Covid-19.
    Come sempre, arrancano maggiormente i paesi in via di sviluppo a basso reddito, perché non dispongono di entrate fiscali sufficienti a finanziare la risposta all'emergenza sanitaria e i progetti di ripresa green
    Venezuela e Brasile, in particolare, sono crollati nella classifica a causa del degrado del loro rating e della conseguente difficoltà a reperire finanziamenti dal mercato.
    Rischiamo quindi di assistere al ripetersi e acuirsi del noto divario fra ricchi e poveri, con i paesi ad alto reddito che hanno la possibilità di riprendersi prima e meglio dalle conseguenze della pandemia.

    L'ONU traccia però anche la rotta per non lasciare indietro nessuno: riforme fiscali globali che migliorino la riscossione delle imposte, riduzione del debito pubblico, miglior gestione monetaria globale per aumentare la liquidità disponibile dei paesi a basso reddito.
    Sicuramente più facile dirlo che farlo...
  • 7 - LA NUOVA FRONTIERA DEL MEDTECH

    E' ormai sempre più stretta l'alleanza fra medicina e tecnologia, con conseguenti ottime prospettive per l'economia reale e il mondo finanziario.
    I giganti della Silicon Valley (Apple, Google, Microsoft in particolare) hanno da tempo identificato la salute come una delle principali opportunità di sviluppo.
    Queste società possono permettersi di acquisire qualsiasi bersaglio, come recentemente dimostrato da Microsoft che questa primavera ha sborsato 20 miliardi di $ per assumere il controllo di Nuance, azienda specializzata nell'intelligenza artificiale a scopo medico.

    Ecco allora evidente l'interesse per il settore medtech, quello che combina la medicina con le più avanzate frontiere tecnologiche. 

    Le aree di investimento oggi più interessanti sono quelle relative a diabete, chirurgia robotica assistita e valvole cardiache.
    Tra i titoli più attraenti spicca sicuramente Philips, che ha in previsione la cessione della divisione elettrodomestici per diventare un player puro del settore medico avanzato, spaziando dalla diagnostica, all'imaging, fino all'home care.
    Ma sono diverse le aziende quotate con un potenziale probabilmente ancora inespresso. 
    Arjo, ad esempio, è una small cap europea leader nel settore degli equipaggiamenti per persone anziane e disabili, molto innovativa sia nei prodotti, sia nell'approccio con i propri partner (case di riposo ed ospedali).
    Sempre in Europa spicca Evotec, specialista nella ricerca medica delegata, dal momento che le grandi case farmaceutiche si stanno concentrando sempre più sul marketing, piuttosto che sulla ricerca e sviluppo.
    Negli Stati Uniti, infine, c'è Bio-Rad, produttrice di strumenti e kit diagnostici che permettono di ottenere test molto precisi, seguendo la tendenza di una medicina sempre più personalizzata e preventiva.  

    Al di là dei singoli titoli, l'intero settore medtech appare attualmente sottovalutato circa del 10% rispetto al mercato azionario globale, nonostante l'utile per azione sia quasi doppio.
    Le previsioni degli analisti sono indirizzate alla chiusura di questo gap.
    Ci si attende una crescita redditizia nei prossimi anni, sfruttando i trend già in atto che sono stati accentuati dalla pandemia: invecchiamento della popolazione nei paesi sviluppati, necessità di trattare (e sfruttare) la mole crescente di dati sanitari, e necessità di contenere i costi in ambito medico, esplosi inaspettatamente proprio a causa del Covid-19.

    Ecco allora che, in un portafoglio di investimento ampio e ben orientato al futuro, non può mancare il mattoncino rivolto alla salute e al medtech.
  • Impariamo a sostare, a spegnere il telefonino, a contemplare la natura, a rigenerarci nel dialogo con Dio.
    Hanno decisamente poco a che fare con la finanza e l'economia queste parole di Papa Francesco, tenute la scorsa Domenica durante il suo primo Angelus post operatorio in piazza San Pietro.
    Per non passare dalle corse del lavoro alle corse per le ferie ...
    Ma sono parole che mi piacciono molto e che spero di riuscire a fare anche un pò mie.

    Con queste voglio concludere la mia Newsletter, augurandoti un sereno fine settimana.
    Un caro saluto,

    Davide