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www.davideberto.it2025-06-16
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    Dopo una breve ma rigenerante pausa estiva, ecco tornare nella tua casella mail la mia periodica 7in7.
    Sperando che tu abbia trascorso un buon mese di Agosto, ti auguro una buona lettura!
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    1- IN SILENZIO

    Se fino a pochi mesi fa, per puntare a un rendimento potenziale del 6,5% del proprio portafoglio d'investimento occorreva dotarsi di un netto sbilanciamento del portafoglio stesso a favore del mondo azionario, lasciando quasi solo le briciole all'ambito obbligazionario (80-20%) con i rischi che ne derivano, il peggior mercato ribassista della storia per gli investimenti obbligazionari ha ora fatto in modo che, per puntare allo stesso rendimento obiettivo, sia sufficiente dotarsi di un mix 35% azionario e 65% obbligazionario.
    Le parti si sono quindi quasi invertite, grazie all'avvenuto ripristino dei rendimenti all'interno del mondo bond.

    Il dato è allora indicativo del fatto che il bear market (mercato ribassista) del 2022 ha fatto del male per poter poi fare del bene.
    Per poter beneficiare di questo recupero dei rendimenti, oltre che del contemporaneo rialzo dei listini azionari, serviva fare una sola cosa: stare in silenzio all'interno del frastuono del mercato.
    Meno parole, meno pensieri, meno tutto.
    Isolarci, cercare il silenzio intorno a noi, perché è proprio nel silenzio che si ragiona meglio.
    Non certo nella caciara dei forum o nel rumore delle variazioni giornaliere dei mercati.
    Fuori da queste logiche il ragionamento si semplifica, fin quasi a diventare ovvio.

    Con tutto questo, non voglio certo dire che sia facile mantenere la rotta.
    Ma il tuo portafoglio è diversificato?
    Gli strumenti che lo compongono sono efficienti?
    Il piano d'investimento è congruo con il tempo a tua disposizione e con i tuoi obiettivi economico-finanziari?
    In quel caso, a posto, via andare!
    I rendimenti certamente torneranno.
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    2 - C'ERA UNA VOLTA UN PAESE RICCO...

    C'era una volta il ricco Regno Unito...
    Terra di monarchi, di Lord, e di famiglie benestanti.

    Bada bene: non sto parlando di secoli fa, ma dei nostri giorni.
    Nel 2021 il patrimonio delle famiglie britanniche era infatti pari all'840% del Pil nazionale.
    Un tesoretto enorme, pari alla stratosferica cifra di 17.500 miliardi di sterline.
    Ma da allora tutto è cambiato.
    In meno di due anni la ricchezza delle famiglie è scesa di 2.100 miliardi, facendo registrare la riduzione del tenore di vita più brusca dai tempi della Seconda guerra mondiale.
    Ora la ricchezza delle famiglie si attesta al 650% del reddito nazionale.

    Dal Dicembre 2021, infatti, la Banca d'Inghilterra ha messo mano per 13 volte ai tassi di interesse, portandoli dallo 0,1 al 5% attuale, nell'obiettivo (non ancora raggiunto) di contenimento dell'inflazione.
    Mutui e affitti si sono così impennati, mentre i prezzi di energia ed alimentari tuttora continuano la loro corsa.
    L'inflazione, scesa al 7% dopo aver toccato picchi dell'11, rimane comunque la più alta dei paesi del G7.
    I generi alimentari, in particolare, continuano a crescere a doppia cifra (+17,3% a Luglio).

    Non c'è categoria che se ne stia uscendo indenne, ma alcuni hanno sofferto più di altri.
    Il divario tra ricchi e poveri, non certo una novità per la Gran Bretagna, si è ampliato ulteriormente negli ultimi 18 mesi diventando una voragine.
    Una famiglia su venti in Gran Bretagna non ha abbastanza soldi per mangiare, e 5,5 milioni di persone saltano regolarmente i pasti.
    L'utilizzo delle food bank, le mense dei poveri, è salito del 52% rispetto al pre-pandemia.
    Gli inglesi usano l'acronimo JAM (just about managing) per definire tutti quelli che faticano ad arrivare a fine mese: categoria che sta accogliendo sempre più individui purtroppo.
    Sono infatti sempre di più quelli che, fino a poco tempo fa, riuscivano a stare finanziariamente a galla, ma ora non riescono più a far quadrare i conti della quotidianità: pagare affitto o mutuo, fare la spesa e saldare le bollette.
    Durante lo scorso inverno, per milioni di famiglie la scelta è stata heating or eating: accendere il riscaldamento o mettere il cibo in tavola.
    Ora che le temperature aiutano e il costo energetico è sceso, la scelta sembra essere fra il mangiare e il pagare l'affitto o il mutuo.

    Più di 4,5 milioni di persone sono in arretrato con le bollette.
    E' salito a oltre 2,6 milioni il numero di persone costrette a rivolgersi agli strozzini o al banco dei pegni.
    Anche chi ha soldi da parte si trova in difficoltà, considerando che l'aumento del costo della vita costringe tre persone su dieci a metter mano ai risparmi per arrivare a fine mese: una percentuale in continua crescita negli ultimi anni.
    Ben 6 milioni di famiglie si sono trovate a fare i conti con gli aumenti delle rate dei mutui, che in alcuni casi sono arrivate a costare anche più di 500 sterline al mese rispetto a prima.
    Va anche peggio a chi è in affitto: i prezzi continuano a salire, specialmente nelle grandi città, alimentati dalla scarsa disponibilità di alloggi, e quattro inquilini su dieci non possono più permettersi di pagarlo.
    I senzatetto sono oltre 105 mila, il numero più alto da 25 anni a questa parte.
    Inutile dire che, per molti e soprattutto per i giovani, mettere da parte soldi è diventata un'utopia.
    Comprare casa? Un sogno inarrivabile!
    Con scarsa empatia, il capo economista della Banca d'Inghilterra ha recentemente sentenziato: "gli inglesi devono accettare il fatto che sono più poveri".

    I numeri parlano chiaro: la Brexit non ha in alcun modo tutelato o agevolato i cittadini britannici, che, anzi, si ritrovano colpiti dall'inflazione anche più di chi è rimasto nell'area Euro.
    In tutto questo l'economia continua a segnare il passo, e lo spettro della recessione continua ad aleggiare.
    Già... c'era una volta un paese ricco...
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    3 - SENZA FONDO PENSIONE? 3 MOTIVI PER CAMBIARE IDEA E AGIRE

    I numeri e le tendenze che riguardano la previdenza pubblica in Italia non li scopriamo certo oggi.
    Eppure, ogni volta che esce qualche nuovo dato sul tema, si rimane sempre sorpresi, per non dire basiti, dalla profondità del problema e di quanto ancora rimanga ignorato dai più.
    Ma andiamo subito al dunque.

    Poche settimane fa sono uscite le 229 pagine del X Rapporto dal titolo “Il bilancio del sistema previdenziale italiano”.
    Tra gli innumerevoli dati disponibili nella ricerca, ce ne sono alcuni che, impietosi, descrivono il trend in atto nella previdenza pubblica, e lasciano intendere quanto non sia più pensabile fare a meno di un pilastro pensionistico integrativo (il classico Fondo Pensione) in grado di sopperire alle lacune che troppe persone ancora faticano a vedere.
    Te ne ho selezionati 3.
    3 motivi per i quali non si può più immaginare di stare senza un Fondo Pensione.
    Seguimi.

    1. LE RIFORME NON BASTANO: LA SPESA PENSIONISTICA CRESCE SENZA SOSTA
    La serie storica dei dati sulla spesa pensionistica italiana parte dal 1989.
    Da allora, si possono individuare 4 importanti fasi storiche.
    Periodi diversi, ma con un minimo comune denominatore: la spesa dello Stato per le pensioni è sempre, dico sempre, aumentata.
    In 33 anni, anno più e anno meno, l'aumento medio annuo della spesa si è attestato al 3,3%, un ritmo superiore a quello con cui è cresciuto il prodotto interno lordo del paese.
    Se l'età legale di uscita pensionistica è fissata a 67 anni, l'età effettiva media di quiescenza è oggi pari a 64,6 anni.
    Tutto questo in deroga e in barba alla precedenti riforme, che avevano l'obiettivo di riportare su un sentiero di sostenibilità un sistema che sostenibile non lo è mai stato.
    Se la spesa per le pensioni prosegue allora inarrestabile, anche per la negligenza e la ricerca di consenso della classe politica, questa spesa non è sostenuta da sufficienti entrate contributive.

    2. INPS: I SALDI RIMANGONO DRAMMATICAMENTE NEGATIVI
    Come detto, i flussi in entrata non compensano quelli in uscita.
    Non lo hanno mai fatto guardando al passato.
    Nel 1989 a fronte dei 58,8 miliardi di spesa, ce n'erano 52,4 in entrata (89% poco più).
    Nel 2021 a fronte dei 238,2 miliardi di spesa, ce n'erano 208,2 in entrata (87,4%).
    Una situazione di squilibrio, quella tra entrate contributive e uscite per prestazioni pensionistiche, strutturale dal 1989 ad oggi.
    Una precisazione: i contributi raccolti dimostrano di non essere sufficienti a pagare la pura previdenza, senza neppure considerare l'assistenza.
    Tutto questo è imputabile al declino demografico (scendono le nascite e aumenta costantemente la popolazione anziana) che attanaglia sempre più il nostro paese, e all'introduzione di quelle misure pensionistiche (Quota 100, opzione donna...) che contribuiscono ad allargare in negativo la forbice tra i contributi raccolti e le prestazioni erogate.

    3. IL RAPPORTO ATTIVI / PENSIONATI E' SEMPRE PIU' INSOSTENIBILE
    Il mix generato da trend demografici e scelte politiche sta accelerando la criticità della situazione.
    Al 2021 (ultimo anno al quale si riferiscono i dati disponibili) il rapporto tra numero di pensionati e popolazione residente si attestava al 27,3%.
    In altre parole, ogni 3,6 residenti c'è un pensionato.
    Se consideriamo però solamente la popolazione attiva (età compresa tra i 15 e i 64 anni), il rapporto è pari a 1,4 lavoratori attivi che versano contributi per ogni pensionato.
    1,2 al Sud Italia.
    Si tratta di un valore particolarmente basso e insufficiente a garantire la sostenibilità di un sistema, te lo ricordo, a ripartizione, dove chi lavora e produce ricchezza versa contributi utili a soddisfare le prestazioni di chi invece non lavora.
    In sostanza, spesa, disavanzo e numero di pensionati per lavoratore attivo, continuano ad aumentare.

    A fronte di tutte queste evidenze, la domanda che dovrebbe sorgere spontanea è: ma fino a quando sarà possibile attendersi prestazioni pensionistiche adeguate?
    I numeri dicono in realtà che molte categorie professionali già oggi devono fare i conti con tassi di sostituzione insufficienti.
    Se tra i lavoratori dipendenti non c'è ancora una situazione particolarmente penalizzante, non si può dire altrettanto per molti autonomi e liberi professionisti.
    Gli ultimi dati raccontano infatti che il rapporto tra pensione media e reddito medio si attesta attualmente al 40% per gli artigiani, al 39% per i commercianti, al 48% per i lavoratori agricoli, al 54% per i commercialisti, al 29% per i consulenti del lavoro...
    Davvero, serve altro per convincersi ad agire?
    Agire non solo per te stesso, ma, se possibile, pianificare e far qualcosa anche per i tuoi cari.
    Figli, nipoti...
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    4 - COPRIRSI OPPURE NO: TRA RISCHIO E OPPORTUNITA'

    All'interno di un portafoglio ben diversificato, c'è sicuramente spazio per investimenti in valute diverse dall'euro.
    Molto spesso ci si orienta verso il dollaro USA, la valuta di gran lunga più scambiata a livello mondiale.
    Può però sorgere spontanea la seguente domanda: ma il cambio euro-dollaro è un rischio dal quale tutelarsi, o, al contrario, un'opportunità da sfruttare?
    Vediamo assieme la questione dalle varie angolazioni possibili.

    Inquadriamo, prima di tutto, il contesto: oggi il cambio tratta attorno a 1,10 (con 1 € si ottengono 1,10 $).
    Sono all'incirca gli stessi livelli del Febbraio 2015 e dell'Agosto 2003.
    Siamo allora tornati ad una sorta di "punto di partenza" in un orizzonte temporale di lungo termine.
    In questi 20 anni ci sono stati dei picchi in entrambi i sensi: il cambio è balzato fino a 1,60 durante la grande crisi finanziaria del 2008-2009, ed è scivolato fino a 0,95 lo scorso anno, quando il dollaro, per un breve periodo, è stato più forte della moneta unica europea.

    Il costo della copertura dal rischio cambio è poi variabile, e dipende dal differenziale dei tassi.
    In questo momento si aggira intorno all'1,80% annuo.
    Sicuramente un costo simile può limitare le performance di lungo termine, vista anche la tendenza dei cambi di assorbire gli scostamenti e di "tornare verso la media", come abbiamo visto prima.

    Occorre allora valutare la singola strategia di investimento, e il personale percorso di pianificazione finanziaria.
    Per chi, ad esempio, investe tramite piano di accumulo (PAC), è decisamente meglio puntare su strumenti a cambio aperto per eliminare i costi della copertura.
    Per investimenti molto volatili, come azioni e materie prime, generalmente le oscillazioni di valore del sottostante sono ben maggiori delle oscillazioni del cambio eur/usd.
    Se poi si scelgono certi strumenti, significa che si è in grado di tollerare l'elevata volatilità, e coprirsi dal rischio cambio appare allora un non-sense
    Se decido di acquistare un'azione in dollari, ad esempio, è perché credo nel suo potenziale di crescita nel lungo termine, indipendentemente dal movimento valutario di contorno.
    La strategia di copertura può invece rivelarsi più adatta nel caso di strumenti meno volatili, come le obbligazioni, nei quali si punta al rendimento cedolare e ad una crescita più contenuta del capitale nel tempo.

    L'acquisto e la vendita di titoli in valuta può essere anche fatta in modo tattico, sfruttando cioè gli scostamenti del cambio dal suo valore mediano.
    Acquistare quindi in dollari quando il dollaro si indebolisce fortemente rispetto alla media (come accaduto nel 2008), e vendere quando invece si rafforza in maniera decisa (come ha fatto nel 2022).
    Si tratta ovviamente di un'opzione più adatta a investitori professionali, capaci di distinguere bene la forza del dollaro o la sua debolezza, e di individuare la media di lungo termine.
    Per il comune risparmiatore, si tratterebbe di movimentazioni che rischiano di sconfinare nella speculazione, e che andrebbero pertanto evitate.
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    5 - UN PASSO NELLA STORIA: NON C'E' SPAZIO PER I GURU IN BORSA!

    22 Aprile 1980
    Joe Granville, guru di Wall Street, chiama i suoi clienti "premium", quelli che pagavano un extra di 500 $ per avere tempestivi market alert telefonici, invitandoli a comprare azioni. 

    23 Aprile 1980
    Il Dow Jones americano mette a segno un +4%.

    6 Gennaio 1981
    Il telefono degli abbonati "premium" squilla nuovamente: l'ordine, questa volta, è quello di vendere tutto perché il mercato ha raggiunto i suoi massimi.

    7 Gennaio 1981
    Il Dow Jones perde il 2,5%, con volumi doppi di scambi rispetto alla sua media giornaliera.

    Le due fortunate chiamate di "Calamity Joe" riaccesero il dibattito fra capacità di predizione e predizioni autoavveranti.
    Era davvero possibile prevedere con affidabilità la direzione del mercato?
    Naturalmente no, e il track record di Granville lo dimostrava...
    Il numero dei suoi abbonati non era tale da poter muovere il mercato, e molte delle sue previsioni si sarebbero poi rivelate grossolanamente sbagliate, anche se era solito affermare "il mercato mi ha detto di vendere, e io faccio quello che il mercato mi dice di fare".

    Granville, ad esempio, mancò clamorosamente lo storico rally azionario del 1982.
    Il suo posizionamento ribassista costò una vera e propria fortuna ai 13.000 abbonati che, nel tempo, gli rimasero fedeli.
    Ma allora, come riuscì Granville ad avere uno straordinario successo?
    Egli si distingueva dagli altri guru finanziari per la sicurezza che ostentava.
    Ciò che affermava, lo diceva senza lasciare spazio a dubbi e a possibili repliche del suo interlocutore.
    "Penso che non potrei mai fare un grave errore nelle previsioni di mercato", amava dire.
    Entra allora in gioco la psicologia umana: il pensiero critico e il ragionamento per ipotesi sono fenomeni recenti per la nostra specie.
    Veniamo da migliaia di anni in cui siamo stati cacciatori/raccoglitori, epoche in cui si viveva in tribù e ci si affidava ad un capo, senza tanto pensare di testa propria.
    Quanto più il capo era (o sembrava) sicuro di sé, tanto più erano (o sembravano) elevate le probabilità di sopravvivenza.

    Nelle condizioni di volatilità e incertezza, tipiche dei mercati finanziari, riemergono allora gli echi ancestrali del bisogno di sicurezza, e ci si affida a chi più di altri quella sicurezza sa trasmetterla.
    Granville era allora un pessimo previsore ma un ottimo comunicatore, risoluto nelle sue affermazioni.
    Questo gli bastò per fare proseliti, e assicurarsi un flusso costante di entrate grazie alla sua idea dell'abbonamento "premium".
    Ma la morale non cambia: non c'è spazio per i guru in Borsa!
    I mercati sono un sistema complesso, richiedono metodo, pazienza, diversificazione e tempo. 
    Tutto il resto è sempre e solo "chiacchiere e distintivo".
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    6 - RUBRICA: LA PSICOLOGIA DEI SOLDI (IO & TE)

    Ritorna oggi l'appuntamento con l'esplorazione del fantastico (a mio avviso) libro "La Psicologia dei Soldi" di Morgan Housel.
    Siamo arrivati al capitolo 16 di 20, il cui titolo è "Io e te - Attenzione a fidarsi dei consigli finanziari di persone che fanno un gioco diverso dal vostro".

    Nella storia recente diverse "Bolle" (finanziarie e non) hanno drasticamente ridotto la ricchezza delle famiglie.
    Pensa alla bolla tecnologica delle dot.com nei primi anni Duemila, o alla bolla immobiliare successiva.
    Sono eventi che rovinano la vita alle persone.
    Hanno tutti caratteristiche similari e riconoscibili, eppure ciclicamente si ripetono.
    Perché continuano allora a ripetersi? 
    Perché non impariamo la lezione una volta per tutte?

    La risposta classica a queste domande conduce all'irrefrenabile avidità umana.
    L'avidità è un tratto indelebile della nostra natura.
    Ma attribuire all'avidità tutta la colpa delle bolle è riduttivo.
    Le bolle, in realtà, sono chiare solo a posteriori.
    Spesso le loro cause e le loro colpe non si chiariscono mai del tutto.
    La loro genesi è difficile da spiegare: è un pò come chiedersi perché scoppiano le guerre.
    Quasi sempre ci sono molteplici ragioni che si sovrappongono.
    E' un argomento troppo complicato per potersi affidare a semplici risposte.

    Morgan Housel ci indica però una possibile causa applicabile a tutte le persone: spesso chi investe, senza accorgersi dell'errore, si ispira ad altri investitori che stanno però giocando ad un gioco diverso.
    Quando gli investitori hanno obiettivi e orizzonti temporali diversi, i prezzi che ad uno sembrano ridicoli diventano sensati a un altro, proprio perché i fattori a cui prestano attenzione quegli investitori sono diversi .
    Chi fa trading intraday può ottenere il suo scopo sia che l'azione prescelta costi 500 $, sia che ne costi 5.
    L'importante è che quel titolo si muova nella direzione giusta in quel preciso giorno.
    Le bolle si formano quando lo slancio dei rendimenti di breve termine attrae abbastanza capitali perché la composizione della comunità degli investitori si sposti da una prevalenza di lungo termine a una di breve.
    Il processo si autoalimenta.
    Man mano che i trader spingono verso l'alto i rendimenti di breve, attraggono altri trader.
    I più frequenti titoli di giornale dell'epoca delle dot.com annunciavano un volume record di scambi, che è ciò che accade quando gli investitori comprano e vendono in un solo giorno.
    Dentro e fuori.
    On Off.
    Era l'epoca del day trading, della telecronaca di Borsa minuto per minuto. 
    Tutto l'opposto di una logica di lungo periodo.
    Tanto che, a metà degli anni Novanta, la stampa sostituì le tabelle annuali dei punteggi con dei rapporti trimestrali.
    Quel cambiamento condusse gli investitori a inseguire la performance, correndo a comprare i titoli e i fondi in cima alla classifica proprio quando erano più costosi.

    La stessa cosa è accaduta durante la bolla immobiliare americana di metà anni Duemila. 
    Pagare 700.000 $ per un trilocale in Florida è insensato se si pensa di viverci con la famiglia per un decennio.
    E' però perfettamente sensato se si pensa invece di rivenderlo dopo pochi mesi, sulla scia di un mercato rialzista, per ottenere rapidamente un profitto.
    Proprio questo fecero molte persone durante la bolla.
    In quel periodo il numero di case americane vendute più di una volta in soli dodici mesi aumentò di 5 volte: da 20.000 unità nel primo trimestre 2000 a oltre 100.000 nel primo trimestre 2004.
    L'unica cosa che interessava a quelle persone non era il prezzo in sè, ma che il prezzo della casa aumentasse il mese dopo il loro acquisto.
    E per molti anni andò veramente così.
    Quegli investitori immobiliari si possono allora definire speculatori.
    Irresponsabili anche.
    Ma di certo non tutti erano irrazionali.
    La formazione delle bolle è causata da persone normali che, più o meno razionalmente, si spostano verso il trading a breve termine per sfruttare uno slancio che si autoalimenta.
    E' difficile pretendere che le persone, davanti ad un trend di forte rendimento nel breve termine, rimangano fuori dal gioco.
    Non è così che funziona il mondo: i profitti verranno sempre inseguiti.

    Le bolle fanno i loro danni quando gli investitori di lungo termine giocano al diverso gioco dei traders di breve periodo.
    Queste due tipologie di investitori raramente sanno della reciproca esistenza, ma giocano sullo stesso campo e si corrono incontro.
    Quando si scontrano ... qualcuno si fa male!
    Ma è difficile comprendere che gli altri investitori possono avere degli obiettivi ben diversi dai nostri: l'aumento dei prezzi persuade tutti gli investitori in un modo in cui il marketing non riuscirebbe mai a fare.
    E' una droga che può trasformare cauti investitori in ottimisti sfrenati.
    Distaccati dalla realtà sulla scia delle azioni di qualcuno che fa un gioco diverso dal loro.

    Una della cose più importanti, quando si tratta di soldi, è comprendere e definire il proprio orizzonte temporale tenendolo bene a mente, senza lasciarsi convincere dalle azioni e dai comportamenti di persone che fanno giochi diversi dal nostro.
    Il consiglio pratico è proprio quello di mettere per iscritto la propria "dichiarazione di intenti"
    Qualcosa come: "sono un investitore che crede nelle capacità del mondo di generare una crescita economica reale. Confido che nei prossimi 10-20-30 anni questa crescita andrà a beneficio dei miei investimenti".
    Può sembrare un consiglio bizzarro, ma quando si mettono le cose nero su bianco si prende un impegno con sé stessi.
    Rileggendo poi il tutto nei momenti di debolezza, si può capire meglio che tutto ciò che non ha a che fare con la propria "dichiarazione di intenti" (il mercato ribassista dell'anno, la possibile recessione alle porte...) fa parte di un gioco che non è il nostro.
    Quindi non gli si presta attenzione e non ci si fa persuadere da questo canto di sirena.

    Dopo le possibili sirene dell'ottimismo con il capitolo 16, ti racconterò a Settembre della "Seduzione del pessimismo" con il capitolo 17.
    Perché se l'ottimismo suona come uno slogan pubblicitario, il pessimismo può suonare come qualcuno che ti vuole aiutare...
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    7 - LE BANCHE NON RISPONDONO PIU'

    Se un risparmiatore viene truffato con il phishing, la responsabilità è sua e non della banca!
    Ma di che cosa ti sto parlando oggi esattamente?

    Con il termine "phishing" si identifica una frode informatica che, attraverso l'invio di messaggi o mail che simulano quelli degli istituti di credito, mira ad ottenere informazioni bancarie, credenziali di accesso o altri dati sensibili, con lo scopo di sottrarre quanto più denaro possibile alle persone raggirate. 

    Le mail o gli sms che arrivano sono sempre più raffinati e ben confezionati: contengono i loghi della propria banca, usano un italiano corretto e riportano dei link sui quali cliccare, che reindirizzano però a siti pirata
    Inserendovi informazioni personali come password, numeri di carte di credito o documenti di identità, si cade nella trappola.
    A quel punto, infatti, i malviventi accedono all'internet banking del cliente o ne utilizzano la carta di credito, sottraendo somme ingenti in un brevissimo lasso di tempo.
    Ottenere giustizia e la restituzione di quanto trafugato è praticamente impossibile, perché i pirati del web sono abilissimi a far perdere le loro tracce, e a spostare il denaro nel mondo virtuale e nei reali paradisi fiscali.

    Chi viene raggirato tenta allora spesso la strada della richiesta di risarcimento direttamente alla propria banca, in via bonaria o anche tramite processo civile.
    In passato la giurisprudenza ha fornito ampia tutela al correntista, sulla base del fatto che la banca è "contraente qualificato" ed è tenuta ad adeguarsi all'evoluzione dei nuovi sistemi di sicurezza, da cui può liberarsi soltanto con la prova dell'imputabilità del fatto dannoso al cliente o a forza maggiore.
    Una recente sentenza della Cassazione, la 7214 del Marzo scorso, ha però ribaltato la questione, sanzionando la condotta "decisamente imprudente e negligente" del cliente-vittima, che aveva incautamente fornito i propri codici personali.
    Si è così escluso ogni diritto risarcitorio. 
    La condotta del correntista, consistita nel digitare i propri codici di accesso richiesti tramite una mail fraudolenta, e consentendo così ad ignoti truffatori di utilizzarli, ha costituito elemento decisivo escludendo così ogni responsabilità in tema di sicurezza informatica della banca.
    Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso in sostanza. 
    Se il cliente ha scelto di fornire i propri dati personali senza accertarsi della provenienza dell'e-mail e della sua effettiva originalità, la colpa non può essere imputata alla banca, che rimane così estranea ai fatti e nulla può contro l'ingenuità e la leggerezza dei propri correntisti.

    Si parla ormai da anni dell'importanza di non fornire mai i codici di accesso del proprio internet banking, e quasi tutte le banche ricordano periodicamente le buone norme di comportamento attraverso mail o avvisi direttamente nel proprio sito.
    L'ignoranza di questi temi è ormai poco giustificata, anche se i truffatori trovano sempre nuove vie e nuovi modi per carpire la fiducia e i dati dei correntisti.
    Un consiglio semplice e pratico per non incappare in certe truffe?
    Leggere sempre per esteso l'indirizzo del mittente delle mail, e leggere sempre, nel dettaglio, tutto il link sul quale viene eventualmente chiesto di cliccare.
    Se si notano mittenti strani e link dubbi, è sempre meglio astenersi da ogni azione e contattare il numero verde della propria banca o della carta di credito, per chiedere così conferma che la richiesta provenga effettivamente da loro.
    Anche in casi come questi allora ... fidarsi è bene, non fidarsi è decisamente meglio!
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    In conclusione di questa mia 7in7, voglio condividere alcune riflessioni tratte da una recente intervista del Corriere della Sera ad Alec Ross, autore di bestseller (non mi stancherò mai di consigliare il suo visionario "Il Nostro Futuro"), esperto di politiche tecnologiche e consigliere di Barack Obama.
    In merito all'attuale momento economico-finanziario, Ross ha detto: "dobbiamo abituarci alla volatilità perché questo decennio rappresenta cambiamenti che disorientano. Dobbiamo capire che la volatilità è la nuova normalità, e non trattare ogni giorno come una crisi. Dobbiamo smettere di pensare, infatti, che tutto sia una crisi che produce paura, e iniziare a vedere che i momenti di volatilità creano enormi opportunità di cambiamento, anche in positivo. Solo gli ottimisti cambiano il mondo. Le persone paralizzate dalla paura o dalle lamentele non risolvono nulla".

    E' tutto.
    Ti auguro un sereno fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide